La Chiesa di San Giovanni è stata costruita nel periodo che va dal 1635, anno in cui è stata posta la prima pietra, al 1644, quando fu consacrata sotto il titolo di San Giovanni Battista Protettore della Dottrina Cristiana.
Il primitivo Oratorio aveva l’identica larghezza dell’attuale Chiesa, ma era più corto: solamente 25 braccia, corrispondenti a circa 15 metri di cui circa 2/3 riservati ai fedeli e il resto all’altare – costruito addossato alla parete di fondo – e all’ampio presbiterio,. Quest’ultimo era fin dall’inizio arricchito da un dipinto raffigurante la Natività di San Giovanni, poi andato perduto e sostituito dal dipinto settecentesco dallo stesso titolo, che ancora oggi possiamo ammirare (da lontano, purtroppo), posto sopra il voltone che sovrasta l’altare.
La cappellania del sacerdote Pellizzari (iniziata nel 1650 quando lo stesso non aveva che 25 anni e durata poi ben 35 anni fino al 1685) fu fondamentale per l’affermazione della nuova Chiesa come una realtà viva e significativa nella vita religiosa del Borgo.
Il cappellano don Pellizari curò anche l’abbellimento della nuova costruzione, che si arricchi di notevoli quadri. Le più antiche tele furono commissionate intorno al 1670 al pittore borgomanerese Marc’Antonio Visconte, che noi conosciamo oggi per il ciclo di Santa Caterina presente nell’Oratorio omonimo, oltre l’Agogna. Ma il Pellizzari non si occupò solo di quadri, curò molto anche il canto e la musica sacra, che certamente erano già praticati con attenzione e devozione dagli scolari di San Giuseppe e dai fedeli del Borgo.
L’Oratorio era però privo della struttura di base, ossia di una Confraternita che potesse promuovere, sviluppare, favorire la crescita di una vera comunità di fedeli. A tale scopo il sac. Pellizzari si adoperò per trasferirvi l’antichissima Scuola dei Disciplinanti di Santa Marta.
Il trasferimento della Confraternita di Santa Marta
Gliene offrì l’occasione il fatto che l’Oratorio di San Giuseppe, fino ad allora sede della Confraternita, era diventato troppo piccolo per accogliere l’afflusso sempre più crescente dei fedeli, richiamati – come sappiamo – da una immagine della Madonna a cui i fedeli, anche dei paesi vicini, attribuivano poteri miracolosi.
La Confraternita di San Giuseppe pensò di allargarsi acquistando il contiguo Oratorio di Santa Marta, cosa che diede la possibilità al cappellano Pellizzari di offrire alla Confraternita di Santa Marta la possibilità di trovare una nuova – e più degna – sede nella Chiesa di san Giovanni.
Fu un trasferimento tribolato, che richiese diversi anni per potersi definire concluso e una serie di lavori di ampliamento della Chiesa, ma che infine avvenne in modo ufficiale nel 1693.
Immediatamente dopo l’insediamento della Confraternita di santa Marta, presero avvio due altre iniziative di grande rilievo: la costruzione della cappella del Crocifisso e della nuova Sacrestia.
La costruzione della cappella avvenne assai rapidamente nel 1694.
La grandiosa cappella del Crocefisso diede solenne inizio al culto di Gesù Crocefisso, che, se fu visto all’inizio come una sorta di concorrenza subordinata nei confronti dell’immagine della Madonna dei miracoli della Chiesa di San Giuseppe, si può dire abbia poi preso il sopravvento, visto che persiste ancora ai nostri giorni, come dimostra la speciale frequentazione che ancora oggi gode la Chiesa di san Giovanni durante i riti della Settimana santa, con la visita alla statua di Cristo Morto e l’esposizione dei simboli della Passione, secondo una tradizione che risale certamente ai primi tempi della Confraternita.
I riti della Settimana Santa
Anche se la tradizione si è ormai persa, non vi è borgomanerese di una certa età che non ricordi l’afflusso di popolo che i riti della Settimana Santa richiamavano in San Giovanni. Alcuni di questi riti sono stati mantenuti fino ad oggi, come l’adorazione del Cristo morto nell’urna nei giorni precedenti la Pasqua. Si è persa invece del tutto la tradizione della processione serale, che si snodava per tre sere di seguito durante la Settimana Santa fino alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie (dove ora sorge la chiesa delle suore Rosminiane), a cui i Confrari partecipavano vestiti del loro saio di tela grezza e col volto incappucciato, rievocando – sotto l’attenta regia di un confraro-cerimoniere – i momenti della Passione, secondo una tradizione che aveva antichissime origini, e che risale al secolo XIV. Nell’ ‘800 si erano ormai persi (le cronache infatti non ne parlano più) i momenti di rappresentazione più intensa, come la ripetizione della lavanda dei piedi, della flagellazione, dell’Ultima Cena, del Tribunale di Ponzio Pilato – ma rimaneva pur sempre l’intensa fede che era stata all’origine della Confraternita di santa Marta e dell’Oratorio di san Giovanni.